di Claudio Capretti
Se è vero che “la lettura è un atto di creazione permanente” (Daniel Pennac), ancor di più lo è la scrittura. Scrivere, infatti, è generare storie gravide di emozioni che il lettore, tramite la sua immaginazione, trasforma in sentimenti che, immettendoli nella propria vita, genera a sua volta bellezza. E, secondo Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”.
Quando molti anni fa lessi il mio primo libro, ancora oggi lo ricordo, “Cronaca familiare” di Vasco Pratolini, non sapevo né immaginavo tutto questo. Leggevo, macinavo libri uno dietro l’altro senza alcuna posa; mi immergevo in quelle storie facendole mie e dando un volto a ogni singolo personaggio. E alla fine del libro, ero sempre assalito da un desiderio: conoscere l’autore del libro appena letto. Volevo incontrare e parlare con chi, seppur per un breve tratto di vita, era stato mio compagno di viaggio. Una sola cosa non osavo desiderare per pudore: essere uno scrittore. Invece, dopo molti anni – e molti libri letti -, senza volerlo, mi sono trovato anche io da quest’altra parte: quella di chi, oltre a leggere, scrive.
Forse come incipit che precede la presentazione del mio ultimo libro: “Toccati dalla Misericordia – Storie di incontri con la Misericordia per incontrarsi con la Misericordia”, è un po’ lungo. Lo so.
Di solito un buon prologo, dovrebbe essere più sintetico. Quasi lapidario. Ma come si fa ad accostarsi a un testo senza dare un volto a chi l’ha scritto? Perché dietro quelle pagine, c’è sì la fatica passata a formulare bene un concetto, ma sono trascritti – seppur in modo velato-, anche tutti quei sentimenti, o quei moti dell’anima e del cuore, che sono umano corredo di chi scrive. E anche di chi legge. Lo scrittore, forse, è come una vedetta (spesso non ascoltata e osteggiata) che per sua personale scelta, o per assecondare un impulso nato per placare un’innata inquietudine, avanza prima di tutti essenzialmente due motivi: 1) per sondare il territorio e scoprire così la strada meno accidentata in modo che tutti gli altri possano procedere senza pericoli; 2) per dire a tutti quali bellezze ci sono oltre quel deserto da attraversare, in modo che il viaggio diventi meno gravoso, e di certo anche sensato, giacché si riempie di una speranza per una bellezza da raggiungere. Per me, è valsa soprattutto la seconda motivazione.
Iniziai così questo mio viaggio. Non conoscevo affatto il sentiero da percorrere, ma la meta sì, ed era quella di dare una risposta a un’unica domanda: chi è per me Cristo? Come e dove incontrarlo?
Non volevo né cercavo risposte retoriche o scontate; dovevo partire dalla fonte, da chi, prima di me, lo aveva conosciuto: i personaggi dei vangeli. Cosa non facile né scontata, c’era il rischio di dare un’errata interpretazione alla Parola di Dio. Per evitare tutto questo, mi sono approcciato a molti testi biblici ed esegetici. Sono stati tutti una immensa ricchezza. È stato come aprire gli occhi dinanzi alla bellezza e alla potenza della Parola di Dio. Così, armato dell’essenziale (da ciò che mi avrebbe permesso di vedere le cose nel modo giusto), iniziai a mettermi accanto ad alcuni personaggi dei vangeli che, in momenti particolari della loro vita (momenti di umana fragilità legati alla sofferenza, al peccato, all’incertezza…), si sono incontrati con il Cristo. Ho scandito ogni incontro in tre tempi: prima, durante e dopo l’incontro con Gesù di Nazareth.
Per descrivere la prima parte, quella in cui dovevo dar voce ai sentimenti di ogni singolo personaggio, dovevo scavare dentro di me per trovare quell’aspetto che mi metteva direttamente a contatto con il personaggio di turno. Così, per dare voce al cieco di Gerico (pag. 31), dovevo scoprire quella cecità che era racchiusa in me che mi impediva di vedere le cose con gli occhi di Dio. Per dare voce al lebbroso (pag. 129), dovevo vedere dove era nascosta quella lebbra del cuore, che mi infettava l’anima. Per dare voce al paralitico (pag. 51), dovevo scoprire quelle paralisi che mi impedivano di camminare (in senso metaforico) e quindi di vivere. Per dare voce all’adultera (pag. 81) dovevo scoprire qual era quella parte adultera racchiusa in me. E così via per tutti gli altri personaggi.
Ogni singolo personaggio, mediante il suo incontro con il Cristo, mi ha mostrato una fragilità che non mi ha fatto scandalizzare della mia. Così, imparai che non c’è nulla che Dio non conosca in me, e che anche le tenebre più fitte, per Lui, sono luce. Scoprii che Dio le cose più belle, le fa con le persone che meno te lo aspetti. Se queste persone si lasciano guidare da lui.
Ogni uomo e donna che si sono accostati a Gesù, mi hanno fatto scoprire che Dio non è insensibile alle nostre sofferenze, che le nostre debolezze, le nostre umane cadute, non solo non lo indispettiscono, ma le può trasformare in forza. E così, mi accorsi della bellezza dell’arte di ricominciare a vivere.
Ognuno di loro mi ha insegnato che, quella tragica realtà piombata addosso in modo inaspettato, non voluto e mai cercato, ha un senso che va oltre ogni nostra umana immaginazione. Allora vidi che il non-senso, tutto ciò che ti dona una non-vita, cessa dunque di esistere, interrompendo così il suo stridulo canto di vittoria.
Scrivere questo libro – me ne sono accorto solo alla fine -, è stato come comporre un mosaico, dove, ogni personaggio con la sua storia è stato come un tassello. L’insieme di questi tasselli ha fatto sì che contemplassi il volto luminoso e bello della Misericordia fatta carne: Gesù Cristo.
Mi ha mostrato, fatto conoscere e insegnato ad accogliere un Dio che rigetta le religioni della distanza. Attraverso ogni uomo e donna a cui mi sono accostato, per mezzo della Chiesa, ha fatto sì che m’incontrassi con un Dio che ama talmente le sue creature che, gratuitamente, non teme di farsi uomo pur rimanendo Dio. È l’umanizzazione della Divinità, affinché l’umano si immerga nella divinizzazione. E tutto ciò, ti dona la gioia. Quella vera che nessuno potrà mai portarti via.
Cristo è passato nella vita di queste persone, e in ognuno di loro è racchiusa tutta l’umanità. Chinandosi su ognuno di loro, toccandoli, sanandoli, perdonandoli, si è chinato, ha toccato, ha sanato e perdonato l’intera umanità. Ancora oggi, mediante la Chiesa, mediante il prossimo, Egli passa per rinnovarci. Allora scopri che quella cecità, quella lebbra, e soprattutto quel peccato, se lo vuoi, non potrà più essere il tuo carceriere.
Al culmine di questo mio personale peregrinare, ho compreso meglio chi è Cristo per me e come mi sono incontrato con Lui. Credo di averlo ben descritto nell’ultimo capitolo, quello che, rispetto ai capitoli precedenti, non ha un nome. Quello intitolato: Toccato dalla Misericordia (pag. 297).
Io sono questa persona, quello che si è lasciato toccare dalla Misericordia di Dio, e tutto questo, non potevo tenermelo per me. Ecco la motivazione principale della stesura di questo libro, che, spero, raggiungerà il cuore di chi lo leggerà.
Claudio Capretti
Toccati dalla Misericordia
“La misericordia è un’espressione dell’amore è un sentimento generato dalla compassione per la miseria altrui. Essa è radicata nella fedeltà di Dio che continuando a stare vicino all’uomo e rendendosi conto della sua incapacità a essere autentico, supplisce alle carenze umane con l’atteggiamento della compassione. In questo libro notiamo che l’autore insiste sulla misericordia quasi a indicare che questa è la vera esperienza della vita, l’unica fortuna che ci può capitare, l’unica via per giungere al cuore di Dio.”
«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». (Mt 9,13)
Pagine: 304
Prezzo: 16,00 €