Buongiorno lettori! Oggi vogliamo presentarvi un nostro Fresco di Stampa e lo facciamo attraverso le parole dell’autore.
Da pochi mesi in librerie I riflessi dell’oro è il nuovo libro di Alberto Donel.
La prima domanda così a bruciapelo non riguarda il nuovo libro ma la sua esperienza come scrittore. Questa non è la sua prima pubblicazione. Come sono andate le esperienze precedenti?
Tra luci e ombre, direi. Il romanzo “Fuochi Nascosti” è stata la mia opera di esordio, un buon romanzo d’avventura (non un thriller, come recita la copertina) con una struttura particolare, per cui la narrazione da realistica diviene poi fantastica, un’idea che mi piaceva e che introduceva molto bene il lettore nel mondo della stregoneria, tra realtà e sogno, ma forse il libro andava seguito meglio, trattandosi di un’opera prima.
Questo nuovo libro è composto da 3 racconti. Come è nata l’idea di un libro di racconti?
I racconti sono la forma ideale della narrativa immaginosa, dalle leggende alle favole, dalla fantascienza alle ghost stories, ed è quello il mio tipo di creatività, quindi è stato logico riunire ne “I Riflessi dell’Oro” tre vicende in cui domina la fantasia, ambientate in contesti storici reali ma vissute da personaggi che travalicano la normalità.
Senza anticipare nulla, ci vuole parlare dei racconti?
Certo, anzi la ringrazio della domanda, perché mi offre l’occasione di presentare tre storie diverse tra loro e di forte carattere, anche se unite da una comune matrice che potrei definire di spiritualità magica. In questo senso, l’oro del titolo simboleggia il soprannaturale che sovrasta le varie fedi e che comunque pervade la natura nella sua interezza. Ecco perché accanto alle magie sciamaniche dei nativi d’America del primo racconto, il lettore troverà la prodigiosa vicenda di John Dee, uno dei più importanti studiosi rinascimentali di arti occulte. Ed ecco come mai la terza storia concerne una statuina del Bambino Gesù che ho rappresentato simile al Fanciullo dei Vangeli Apocrifi, avvolto dal mistero, capriccioso, del tutto diverso, ci tengo a sottolinearlo, dal Cristo che il cattolicesimo ha stabilito come proprio fondatore per mezzo dell’apostolo Pietro. Un Gesù, quello del mio racconto e dei Vangeli Apocrifi, che è come un piccolo ma potente mago, capace di portenti che ricordano sia i miti della Grecia antica sia gli incantesimi delle fate, però molto geloso della sua mistica e sublime solitudine. Dunque, a un’attenta lettura, le tre storie sono in armonia tra loro, legate da un comune pensiero mitico-magico ed estranee alle dottrine di questa o quella religione, e sia detto con il massimo rispetto dei vari credenti.
Da dove nasce la sua ispirazione?
L’ispirazione è come un vento che porta semi di idee, e se il terreno è adatto, il seme attecchisce. Fuor di metafora, il terreno sarebbe la propria cultura, il modo in cui uno vede il mondo, e quando c’è affinità tra l’ispirazione e la mentalità dell’autore, può derivarne una nuova storia. La mia ispirazione viene soprattutto da personaggi storici, da leggende o da antichi racconti, ma a volte basta un dipinto o il brano di un romanzo. Quello è il punto di partenza, poi c’è la fase successiva, quando da un sogno a occhi aperti bisogna passare a un’intera vicenda, e spesso questo non avviene, perché lo spunto era insufficiente o per altri motivi. Tornando alla metafora, semi e terreno possono essere reciprocamente adatti, ma se ci sono difficoltà climatiche o di coltivazione, la pianta non cresce o nemmeno germoglia.
Quali sono gli autori che maggiormente la influenzano?
Non c’è un autore in particolare, però posso fare alcuni nomi: il classico Robert Louis Stevenson, poi il geniale Tolkien, il raffinato Borges, senza tralasciare H. P. Lovecraft e l’avventuroso Robert E. Howard.
Per concludere, a suo parere qual è il suo lettore ideale?
Bella domanda. Se fosse possibile indirizzare un libro principalmente ai lettori che hanno “affinità elettive” con l’autore – citando il titolo di un romanzo di Goethe – tutto sarebbe più facile e gratificante. Avere un pubblico anche limitato ma convinto e partecipe dei medesimi interessi credo sia il sogno di molti scrittori. Da quanto detto finora, si sarà già intuito che il mio lettore ideale è la persona che nell’aprire un libro, chiude temporaneamente la porta ai problemi quotidiani e al fragore dell’attualità per ritrovare quella parte di sé altrimenti relegata nei vagabondaggi dei sogni, il lettore che cerca nella narrazione aria e spazio per la coscienza, assillata dalla realtà e perciò bisognosa di orizzonti più vasti, oltre l’ordinario susseguirsi dei giorni. Un lettore, insomma, che ama viaggiare con la fantasia.
“L’immaginazione è la vita umana stessa” affermava William Blake, una frase, direi, degna di riflessione.
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