Il Natale si sta avvicinando e in redazione ci stavamo chiedendo quale potesse essere il regalo migliore per voi che leggete il nostro blog e ci seguite con affetto sui Social Network.
Volevamo organizzare un contest ma insomma in fin dei conti è sempre Natale e a Natale si ricevano regali. Ed è proprio un regalo che vogliamo farvi.
Da martedì 22 dicembre e per tutto il periodo natalizio visitando il nostro sito potrete scaricare gratuitamente un racconto: Il Natale del dott. Brando.
Vi piace come idea?
A noi tanto!
Ma chi è questo dott. Brando?
Oggi ve lo vogliamo presentare attraverso un’intervista per cercare di stimolare la vostra curiosità.
Lasciamo la parola a Maurizio Corrado colui che alcuni anni fa ha conosciuto Brando e ha deciso di mettere nero su bianco le sue storie.
Buona Lettura!
INTERVISTA
L’inizio. Come mai si fa chiamare dott. Brando?
Brando è il cognome di mia madre. Ho fatto ricerche su questo nome. Mi ci sono perso passando anche dal dio Bran che, decapitato, guarda da tempi immemorabili dall’Inghilterra verso l’Europa, una storia piuttosto inquietante. Pare che derivi da brand che nella lingua dei Franchi indicava il tizzone ardente, la spada di fuoco, certamente quella di Mikael l’Arcangelo e il tizzone di fuoco che brandivamo nel pleistocene davanti alla caverna in cui dormivano gli altri insieme alle donne e i bambini, per intimorire le fiere fiere. Da brandderiva l’antico francese brant, la spada, Excalibur, quella che sale dalle acque del lago. Ho trovato pericolosamente vicino a me anche il senso primo di brandire, muovere…
E Marlon Brando che c’entra?
Un altro con lo stesso destino. Pensi solo a Terry Malloy e il colonnello Walter Kurtz. Indimenticabili.
E il dottore? Per cosa sta?
Sono un uomo curioso. Come tutti, ho approfondito la filosofia, ma ben presto mi sono stufato di tutte quelle chiacchiere. Dopo Eraclito, una noia mortale, salvo Giordano Bruno. Prima mi sono laureato in Fisica Teorica, poi in Storia delle Religioni. È la verità che m’interessa. E solo chi la insegue con sincerità disarmante sembra arrivarci vicino. E spesso sono mistici. O musicisti. Musimistici, musi mistici.
Prima attività.
Intende il primo caso che mi è capitato di risolvere? È quello che lei ha chiamato “L’ipotesi del dott. Brando”, ricorda? In realtà era la mia tesi di laurea, la seconda. Ipotizzavo che il Dio di Abramo e quello di Maometto fosse il risultato di una scommessa fatta da tizio che diceva di riuscire ad assoggettare ai suoi voleri tutti i gli abitanti del nostro pianeta. Il tizio non era di qui, ma la sola formulazione dell’ipotesi presupponeva l’esistenza di altri popoli oltre il nostro, quello che si chiama vita extraterreste, e soprattutto metteva in discussione tutta la cultura occidentale e anche quella orientale, figuriamoci. Passai con il minimo dei voti, forse perché non mi volevano più fra i piedi. Credo che la tesi fu bruciata. Nemmeno io ne possiedo più una copia. Ma il mio nome cominciò a circolare. Mi chiamavano per i casi strani. Quelli dove non si riusciva a trovare una spiegazione plausibile. Fu allora che nacque quella frase: quando la scienza si ferma, arriva il dott. Brando. Come molte cose del genere, la disse un collega al quale non stavo molto simpatico, voleva essere dispregiativa, ma mi piacque e iniziai a usarla. Visto che di insegnare non se ne parlava, un altro degli effetti collaterali di quella tesi, mi venne in mente di farmi pagare le consulenze. Iniziò così.
I Maestri.
Nikola Tesla, Giordano Bruno e Juan. Si ricorda quell’avventura in Estremadura, quella che lei ha chiamato Don Juan Brando? Non le ho detto tutto. Non le ho detto che ogni anno ci torno, da Juan. È una specie di riassunto vivente dell’umanità. La memoria del mondo. Utilissimo. Poi è di una simpatia sconcertante. Ci facciamo certe risate che si sentono per tutta la marisma. I cavalli alzano la testa e si alzano in volo i fenicotteri.
Il mio metodo
Ogni mattina cammino. Ho un itinerario che passa attraverso un bosco. Quando ci entro mi tolgo la camicia. Cammino. Ci sono radure dove mi fermo e lascio che il vento mi muova. A un certo punto arriva il silenzio. Me ne accorgo perché è come quando in una sala dove tutti parlano contemporaneamente per una qualche ragione smettono di colpo. Solo a quel punto mi rendo conto di quanto chiasso c’era. E sento. Ricomincio a sentire. Poi riprendo a camminare e mi vengono incontro le soluzioni, le cose si equilibrano, vedo altri sentieri possibili. Credo sia questo il mio metodo.
I tre casi preferiti
Quella volta che dopo un incidente mi hanno trapiantato tessuto di betulla nella schiena. Ora non si vede tanto, solo pelle un po’ più chiara, ma credo mi abbia cambiato. Ormai anche la nostra scienza è arrivata a capire che non è necessario avere un cervello per avere una coscienza, è una questione un pelino più complessa, e ci siamo arrivati proprio studiando le piante. Io la chiamerei armonia. E avere un pezzo di betulla innestato nella carne ha cambiato i miei equilibri. Poi ricordo sempre volentieri quel viaggio a Shangai dove conobbi l’uomo che divenne bosco. Sì, proprio l’idea che poi lei ha copiato per quel suo romanzo, Foresta. Ci sono delle parti troppo pesanti in quel libro, anche se sinceramente le ho trovate utilissime, un compendio di decine di ricerche in poche pagine, ma credo pochi se ne accorgeranno, i più si lasceranno trascinare dalla storia. L’ultimo caso non è un caso. Non solo almeno. Non ne sono ancora uscito. E non credo ne uscirò mai. La sogno ancora, sa? Nudanuda…
Il futuro
Che futuro? Il nostro, intende quello della nostra razza? I Sapiens Sapiens? Cosa si aspetta che le risponda? Che tutto va male, eccetera? Sa, quando ero alle medie, mi fecero studiare credo Catone, non ne sono certo, era comunque un eminente romano. Ricordo che diceva che la gioventù era perduta, che il mondo era sull’orlo di una catastrofe, che ormai tutto era stato fatto e detto e davanti c’era solo il declino. Allora mi feci due conti e risultò che se avesse avuto ragione, visto che lo diceva più o meno duemila anni fa, la questione avrebbe dovuto essere chiusa già da un bel pezzo. Ma non era così. Eppure lui era convinto. E come lui, parecchi altri dopo avevano continuato a ripetere le stesse identiche parole con sincera convinzione. E oggi, lo stesso, le stesse identiche frasi. E allora? Allora mi venne in mente che avevano ragione. C’era solo un dettaglio. La LORO gioventù era perduta, il LORO mondo era sull’orlo di una catastrofe, che ormai LORO avevano fatto e detto tutto, che davanti a LORO c’era solo il declino. Per quello il LORO sentimento era completamente sincero, dicevano la pura verità. Quindi, era giusto che LORO si togliessero di mezzo quanto prima. C’è molto da fare. Muoviamoci.
Sposato?
No.
Come si definirebbe in tre parole?
Il dott. Brando.
Qual è la sua passione?
Fare liquori. Inizio dal seme o dalla talea, accompagno la crescita della pianta, quanto è tempo la raccolgo, ne estraggo l’essenza. È un processo molto lungo, ci vuole tempo.
Cosa fa solitamente la domenica?
L’amore.
Quali programmi televisivi guarda?
Ultimamente Maigret e la serie Viking.
L’ultimo film che ha visto?
Ho rivisto stanotte La montagna sacra, di Jodorowsky.
Qual è l’ultimo libro che ha letto?
È un periodo che riesco a leggere solo Conrad. In questi giorni, le lettere.
Cosa le piace fare?
Oltre a quello che faccio anche la domenica? Cucinare.
Cosa invece non le piace?
Non sopporto le cose burocratiche.
Pratica qualche sport?
Gioco a scacchi.
Se non facesse quello che fa, cosa avrebbe fatto?
Il musicista. Compositore, più che strumentista.
In quale periodo storico le sarebbe piaciuto vivere?
A Firenze nel 1486. Vorrei dire due cose a Pico della Mirandola.
Dove vorrebbe abitare?
Nell’altana di una torre medioevale molto alta.
Quali sono le sue tre città preferite?
Mi piacciono le metropoli con almeno quattro milioni di abitanti o le cittadelle con meno di quattrocento abitanti.
Qual è il suo attore/attrice preferito/a?
Klaus Kinski. Peccato abbia fatto film quasi sempre inguardabili.
Qual è il suo regista preferito?
Billy Wilder. A volte sogno di vivere in uno dei suoi film.
Qual è il suo pittore o scultore preferito?
Guido Cagnacci, mi chiedo ancora come mai non abbiano proibito ai suoi tempi.
Qual è il suo scrittore preferito?
Achille Campanile. Un uomo di una ironia insuperabile.
Qual è il suo colore preferito?
Rosso. Un certo tono scuro del rosso.
Qual è il suo musicista preferito?
Il vento. E Telemann.
Qual è il suo profumo preferito?
Quello che si sente in una pineta a pochi passi dal mare.
Qual è il suo piatto preferito?
Tagliolini alla crema di scampi.
Con chi vorrebbe trascorrere un piacevole finesettimana?
Con la donna che amo.
Qual è il suo segreto?
Che sono ancora qui.