Autori d’estate – Marco Casula

Buon ferragosto nostri carissimi lettori!

Molti di voi si staranno riprendendo dai bagordi della nottata, noi invece vogliamo farvi gli auguri in modo un po’ speciale!

Oggi facciamo parlare Marco Casula che vi racconterà di Fratelli di storia.

Riposatevi ovunque voi siate ma nei vostri bagagli che ci sia sempre un buon libro come questo.

La mia casa, il mio libro. Come sono arrivato a scriverlo.

Il mio è stato un viaggio senza destriero e senza macchia. Stavo in cima alla collina, scrutavo l’orizzonte che si affacciava al mio sguardo e aspettavo una risposta che sapevo non sarebbe mai arrivata.

Poi, un giorno, alla fine del passato millennio, succede qualcosa. A distanza di tempo, riflettendo, mi sono venute in mente alcune letture giovanili. Freud, soprattutto. Lui avrebbe qualcosa da dire a questo proposito. Credo sia nata in quel periodo la voglia di scrivere. Qualcosa da dire. Pensieri, parole, storie tra la punta di un pennino e le righe di un quaderno da riempire. Forse potevo determinare io il destino di immaginari personaggi e non era il destino a fissare i paletti della mia vita.

Prima di scrivere Fratelli di storia non sapevo. Non sapevo che avrei scritto. Non nel senso che oggi so. Perché Fratelli di storia in realtà è nato 17-18 anni fa, forse 20. Senza sapere che sarebbe diventata quella solida impalcatura narrativa su cui ho edificato una storia. Con le sue belle fondamenta e tutto il resto. All’inizio mi riempiva l’aria un desiderio arbitrario. Ma aveva pareti fragili e scale incerte per salire ai piani alti. Aveva un nome che indicava strade perdute e mai ritrovate. Aveva inquilini che la frequentavano, inquieti e mai appagati. Orme di gente in vacillante fila indiana, di giovani invecchiati che guardavano la lunga lunga strada nella perduta vastità della storia patria.

Così ho lasciato quella casa. Ne avevo abbastanza. Ero pur sempre un novellino, dopotutto. Un maturo novellino, beninteso, o un principiante a scoppio ritardato, (come più vi aggrada). Sicché ho abitato altre storie: volevo continuare a scrivere panzane per raccontare una mia verità. E ho messo su altre case. Case. Case senza esagerare, ma di tutte le qualità e misure. Non so per quanto tempo, ma la mia mente andava sempre a quella prima casa.

E così un giorno son tornato. Un ritorno, il mio.

Entro, vado avanti, ci sto un po’. Chiamo ingegneri e progettisti. Prendo misure e ristrutturo, e dopo un po’ è fatta. Completata. Guardo dentro e attorno. Mi sistemo dove mi piace. Arredo qua e là, se voglio. Scopro nuovi angoli, percorro corridoi e stanze e come sono in relazione tra loro. Apro finestre e guardo il mondo esterno. Come è alterato quando lo vedi attraverso le finestre. Per il solo fatto di essere in questo spazio chiuso, poco importa se ampio o pieno di tortuosità, poco o molto arredato. Un mondo nuovo. Posso tornare indietro, se voglio. E la casa – LA STORIA – mi riconduce a ciò che ho vissuto insieme ad altri, a ciò che altri mi hanno raccontato, oppure ho visto o letto la prima o l’ultima volta.

Solo allora, quando chiudo la porta alle mie spalle e l’opera è conclusa, capisco. Capisco che ho fatto un viaggio. Il viaggio del nostro incontro. Del nostro esserci. Del nostro essere nel mondo.

Ora.

Ora, Fratelli di storia è questo.

La guardo dalla cima della collina, e sullo sfondo l’orizzonte. Aspetto sempre una risposta che non so se arriverà. Aspetto un futuro che so breve.

Attrezzature, tubi e raccordi sono in magazzino. Ci sono altre impalcature da qualche parte. Altre case attendono di essere costruite e completate e altri imprenditori che forse quando le vedranno in piedi diranno che ne vale la pena. Qualunque cosa questo voglia dire, perché questo mi piace pensare. O forse non sarà così.

Per ora so di quell’imprenditore che ha costruito la mia casa. Grazie Intrecci.

Grazie a te Marco!

Se ancora non avete letto Fratelli di storia questo è il momento giusto.

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